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Sardo, il
nume tutelare, l'eroe-capostipite per antonomasia, delle
civitates della Sardegna, dal quale l'Isola
avrebbe preso il nome, rappresenta una figura mitica che
tuttora non cessa di far discutere gli studiosi.
Il primo
Autore classico a citare l'Eroe è, nel I secolo a.C.,
Sallustio il quale (attingendo a fonti ben più antiche)
ci informa che "Sardus, generato da
Ercole, insieme ad
una grande moltitudine di uomini partito dalla Libye "
[nome usato dai greci in modo piuttosto estensivo per
indicare il nord Africa a ovest dell'Egitto], "occupò la
Sardegna e dal suo nome denominò l'isola".
Nel II
secolo d.C. il greco
Pausania nella sua "Descrizione
della Grecia" conferma i dati forniti da
Sallustio (per
Pausania Sardo è figlio di Makeris identificabile
con l'Herakles della Libye ossia con
Melqart) e ce ne tramanda degli altri: Sardo venne dalla
Libia con un gruppo di coloni ed occupò l'Isola il cui
antico nome, Ichnusa, mutò in Sardò; la
convivenza con gli indigeni fu pacifica in quanto i
nuovi venuti non imposero il proprio modus
vivendi ma si mescolarono con gli autoctoni vivendo
come loro: [...] "né i libici né i nativi sapevano
edificare città, ma abitavano dispersi in capanne e
spelonche come potevano".
L'Eroe
divenne così il "padre" delle genti sarde al quale venne
dedicato un tempio - il Sardo patoros ieròn
(Tolomeo) - nel quale veniva conservato il suo
simulacro; una copia bronzea di questa scultura venne
inviata secondo lo stesso Pausania dai "Barbari che
sono nell'Occidente e abitano la Sardegna" quale dono
votivo al tempio di Apollo a Delfi, città già visitata
da Makeris, padre di Sardo, in un suo celebre
viaggio. |
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Riguardo all'interpretazione storica delle scarne
notizie tramandateci dalle fonti antiche alcuni
Autori, considerano l'Eroe come l'emblema del
popolamento dell'Isola in età preistorica: tra
questi G. Ugas interpretando lo stadio evolutivo
della cultura materiale descritto dal passo di
Pausania - secondo il quale i Libi guidati da
Sardo non costruirono città ma vi abitarono
"sparsi in capanne e caverne..." - come neolitico
colloca in questa fase l'archetipo del
personaggio, la cui forte pregnanza simbolica
(legata ai culti della rigenerazione agraria)
sarebbe alla base della prosecuzione del suo
culto, seppure sotto altre forme esteriori, anche
nell'Età del Ferro.
Altri negano recisamente che questa figura mitica
affondi le sue radici in tempi precedenti il
periodo orientalizzante (730-720/580 a.C.); per
tutti G. Lilliu: "[...] preferiamo togliere Sardus
dal pantheon protostorico e farne uno dei
tanti Dei di nazioni, regioni, luoghi, città che i
Cartaginesi solevano fabbricarsi nei paesi di
conquista, solleticando con la parvenza del nome
il favore dei popoli locali assoggettati."
Una posizione intermedia è sostenuta da chi
ritiene plausibile l'origine del personaggio in
momenti di transizione fra la tarda Età del Bronzo
e la prima Età del Ferro. |
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Le
testimonianze di carattere archeologico ed
epigrafico-linguistico ci restituiscono l'immagine
di una divinità del mondo sardo-punico paterna,
fertilistica e guaritrice, più tardi assimilata
dai romani e trasformata in simbolo dell'unione
delle tradizioni indigene con quelle latine.
Un
relitto linguistico conservativo del nomen
del dio fenicio-punico potrebbe essere
l'appellativo babai, ancora in uso in molti
paesi della Sardegna come segno di reverenza nei
confronti delle persone anziane di sesso maschile,
specie se con una certa dignità sociale,
analogamente a quanto accade nel sub-continente
indiano, con gli appellativi babu e baba.
Per ciò che concerne l'iconografia gli attributi
tipici di Sardo sono essenzialmente la
lancia e/o il giavellotto. Alcune centinaia di
monete coniate tra il 39 e il 15 a.C. dal Pretore
Azio Balbo, avo materno dell'imperatore Augusto,
ne raffigurano in maniera lievemente diversa tra
loro il capo coperto da un elmo o tiara; una
statuina bronzea del IV-III sec. a.C. da Gesturi,
lo rappresenta stante con indosso una tunica e
copricapo di penne.
L'iconografia 'ufficiale' rimane perciò variabile:
Sardo è rappresentato ora imberbe ora barbuto,
mentre la tiara - o corona piumata - va
considerata un attributo generico in quanto appare
anche nelle raffigurazioni di Baal Hammon e Bes.
Secondo l'Ugas ed il Barreca il bronzetto dalla
tomba nuragica a pozzetto di Antas, raffigurante
un personaggio maschile nudo in posizione stante
ed armato di lancia, potrebbe essere la più antica
rappresentazione di Sid/Sardo, proprio per
via dell'arma che brandisce. |
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Un
punto sul quale tutti gli Autori contemporanei
concordano è dato dalla fusione sincretica tra
Sid Addir Baby (divinità semitica) Sardo ed il
Sardus Pater (divinità romana) mentre ben
pochi rifiutano l'idea che il Sardopatoros
ieròn di Tolomeo si identifichi con il tempio
del Sardus Pater di Antas (Fluminimaggiore-CA)
i cui resti di età romano-imperiale, ricomposti
negli anni '60 e '70, rappresentano in realtà
l'ultima fase edilizia di un luogo di culto
pluristratificato che nacque sui resti di un
sacello punico del VI secolo a.C. (ristrutturato
nel III secolo a.C.) preceduto a sua volta da una
frequentazione dell'area a scopo civile e
funerario, e forse anche di culto, in età
nuragica.
Non
si può comunque escludere a priori che a Sardo
fossero dedicati anche altri templi parimenti
importanti in altre zone dell'Isola; allo stato
attuale il suo culto sarebbe documentato nel
santuario di S. Salvatore di Cabras, a Tharros e
Karali-S.Gilla (Cagliari) |
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Nell'economia del presente lavoro la figura di Sid
ci interessa per la sua identificazione con la
figura del Sardus Pater: dalle fonti
classiche sappiamo infatti che in Sardegna Sid
venne interpretato dai Greci e dai Romani come
Sardus Pater, figlio di Melkart; due
iscrizioni da Cartagine confermano del resto tale
sincretismo, in quanto si riferiscono a Sid come
figlio di Tanit e Melkart per generazione mistica;
per questo motivo nella città del nord Africa i
tre personaggi erano venerati insieme
Il
nome semitico, la cui più antica attestazione si
ha in area fenicia nel VII secolo a.C., significa
"cacciatore"; un riscontro al carattere venatorio
del dio, liberatore dal male e taumaturgo proprio
come Sardo, è presente negli ex-voto di
Antas. |
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Sotto l'aspetto iconografico anche Sid può
apparire barbuto e di aspetto maturo (come
"padre") oppure giovane e senza barba (come
figlio); suoi attributi essenziali e tipici sono
gli stessi del Sardus Pater romano
ai quali però si aggiungono anche il grifo ed il
leone cornuto rappresentazione degli ostacoli
contro i quali l'Uomo deve lottare per liberarsi
dal male e raggiungere il bene.
Secondo il Barreca ad esempio le figure maschili
raffiguranti combattenti armati di lancia (quale
quella presente su un rilievo dall'area tharrense
ovvero quella in una tomba della necropoli di
Tuvixeddu-Cagliari), specie se rappresentate
vittoriose su figure di mostri alati, sarebbero
immagini di Sid concepito come liberatore del male
con significato escatologico-funerario. |
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Il
culto di Sid/Sardus è ben documentato ad Antas
(attraverso le numerose epigrafi nonché tramite le
riproduzioni di lance e giavellotti); è plausibile
a San Salvatore di Cabras ed a Karali-Santa
Gilla.
Il
Barreca ipotizza, sulla base della analogia
onomastica il culto del dio anche sulla giara di
Siddi nonché nei luoghi sacri ove il culto
cristiano è tributato ad una personalità maschile
vittoriosa sulla potenza del male (San Michele,
San Giorgio ecc.). |
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